L’impasto è una delle fasi principali nella preparazione del pane e dei prodotti da forno in generale. Dalle sue qualità dipendono per l’80% circa le caratteristiche del prodotto finito, per cui una corretta esecuzione dell’impasto riveste un importanza fondamentale per ottenere un prodotto finito eccellente. Esistono vari metodi nella preparazione di un impasto. I più diffusi sono: diretto, nel quale tutti gli ingredienti vengono impastati in un’unica fase; indiretto, dove prima viene preparato un preimpasto come biga o poolish a base di farina, acqua e lievito compresso il quale subisce una fermentazione al termine della quale viene inserito nell’impastatrice ed impastato con gli altri ingredienti. L’impasto si può preparare anche con il metodo semidirettoutilizzando pasta di riporto oppure un pre-fermento. Inoltre esistono varie tecniche quali l’impasto intensificato, l’impasto a caldo ecc…. Riveste un’ importanza particolare la tecnica dell’autolisi. Il suo utilizzo dona al prodotto finale numerosi benefici, dovuti principalmente alle caratteristiche dell’impasto, la cui consistenza risulta assai liscia, elastica e malleabile, capace di assorbire maggiori quantità d’acqua. Il prodotto finito acquisisce un volume maggiore e la sua mollica risulta molto sviluppata e soffice. Si hanno altresì benefici a livello organolettico (come gusto e profumo) e di conservabilità.
Prima di spiegare i particolari di questa tecnica, e il motivo per il quale utilizzando questo metodo si hanno i benefici sopraelencati, occorre descrivere i processi dell’impasto in generale.
In qualsiasi impasto, indipendentemente dal suo metodo di preparazione, avvengono processi fisico-meccanici, colloidali, biochimici e microbiologici.
1. I processi fisico-meccanici
La prima fase è la formazione dell’impasto che consiste nel miscelare gli ingredienti e, fornendo energia (o in modo manuale o con l’uso dell’impastatrice), formare una massa liscia ed omogenea, che abbia una certa sofficità ed una certa elasticità. L’impastamento è un processo molto importante, dal quale dipendono le caratteristiche dell’impasto ed il suo comportamento sia durante la fermentazione che durante la cottura e, di conseguenza, la qualità del prodotto finito.
È necessario mescolare bene tutti gli ingredienti, non solo per incorporarli uniformemente nell’impasto, ma anche perché impastando si ottiene l’attrito e l’unione a livello molecolare dei componenti chimici della farina e degli altri ingredienti, che formano una massa omogenea chiamata “impasto”. La reazione principale di questa fase è la formazione del glutine. Le proteine del grano hanno dimensioni differenti e durante l’impasto le forze di coesione uniscono le molecole di diverse misure, formando una massa plastica ed elastica, chiamata glutine. Non tutte le proteine, presenti nella farina hanno capacità di formare il glutine, ma soltanto quelle insolubili in base alla classificazione di Osborne, con la quale tutte le proteine della farina vengono suddivise in quattro gruppi in base alla loro solubilità e che sono così suddivisi
• albumine ( solubili in acqua )
• globuline ( solubili in soluzioni saline )
• prolamine ( solubili in alcool )
• gluteline ( solubili in acidi e in basi )
Ognuna di queste frazioni ha delle proprietà fisiche diverse, sono diverse anche le loro dimensioni molecolari, le quali aumentano passando da albumine a gluteline. Il glutine viene formato soltanto dalle due frazioni non solubili in acqua e in soluzioni saline (prolamine e gluteline), le quali si uniscono fra di loro sotto l’azione dell’acqua e dell’ energia, fornita alla pasta. Le molecole proteiche di una farina durante il mescolamento, dopo essersi unite tra di loro, si stirano e si orientano in modo che i gruppi elettronegativi siano sottoposti all’azione dell’acqua. Quindi il contenuto proteico di una farina e la quantità d’acqua necessaria sono strettamente in relazione tra di loro. L’acqua aggiunta nell’impasto non dovrà mai essere in quantità tale da rimanere, anche in parte, libera. La quantità d’acqua assorbita dall’impasto dipende dai diversi fattori, quali la granulometria, il contenuto proteico, la qualità, l’umidità della farina e la presenza di altri ingredienti nella pasta, il grado idrometrico dell’ambiente ed il grado di consistenza che si desidera avere nell’impasto. Gli impasti contenenti maggiori quantità d’acqua devono essere impastati più a lungo, affinché l’acqua non risulti legata e l’ impasto raggiunga la consistenza ottimale.
Inoltre durante il mescolamento l’impasto incamera una parte di aria, diventa meno denso e più soffice. Ossigenare l’impasto è importante non soltanto per renderlo più soffice e più elastico, ma anche per favorire il processo di fermentazione, in quanto l’ossigenazione dell’impasto stimola l’attività vitale dei lieviti. L’azione dell’ossigeno rinforza la maglia glutinica, formata durante l’impastamento, perché ossida i gruppi tiolici delle proteine della farina, trasformandoli in gruppi disolfurici. I processi fisico meccanici che avvengono durante l’impastamento consistono nel cambiamento dell’aspetto fisico e delle caratteristiche meccaniche (resistenza ed elasticità) dell’impasto, essi dipendono dall’azione meccanica dell’impastatrice. Lo sforzo che oppone un’impastatrice all’impasto non è sempre costante e cambia in base alle caratteristiche dell’impasto. Misurando questi sforzi partendo dall’inizio dell’impastamento, si possono evidenziare tre periodi:
– il primo periodo, dopo la miscelazione degli ingredienti, lo sforzo dell’impastatrice aumenta e ciò è dovuto alla formazione del glutine che diventa sempre più rigido e quindi oppone una resistenza sempre maggiore all’impastatrice fino ad arrivare al punto massimo, dopo di che rimangono stabili e quindi si può evidenziare
– il secondo periodo, quando lo sforzo dell’impastatrice rimane sempre costante. In questo periodo l’impasto ha le caratteristiche ottimali (è molto liscio e di massima estensibilità). CIò è dovuto al fatto che la maglia glutinica dell’impasto acquista sempre più estensibilità, mente la sua resistenza diminuisce, perché comincia la reazione della proteolisi . In questo periodo l’impasto è pronto e deve essere tolto dall’impastatrice, infatti risulta molto elastico e non aderisce alle pareti. Continuando l’operazione peggioreranno le sue caratteristiche.
– il terzo periodo, ossia quando gli sforzi dall’impastatrice sono in diminuzione, l’impasto diventa sempre più molle per un eccessivo riscaldamento e per l’eccessivo sforzo meccanico ed avviene la rottura della maglia glutinica.
Per ogni impasto il tempo necessario per raggiungere le caratteristiche ottimali (secondo periodo) varia e dipende:
– dalla forza della farina (il tempo di impasto di una farina debole è inferiore al tempo di impasto di una farina forte, in quanto ha una resistenza della maglia glutinica minore);
– dal tipo dell’impasto ( molle, morbido, asciutto ). Gli impasti molli devono essere impastati maggiormente, devono avere una temperatura finale più alta ed essere impastati fino a raggiungere il loro top di consistenza. Gli impasti asciutti devono risultare abbastanza freddi dopo l’ìimpastamento, tolti prima dall’impastatrice, anche se non sono completamente formati, perché generalmente vengono cilindrati. Durante la cilindratura avviene un ulteriore riscaldamento dell’impasto e si raggiunge la sua consistenza ottimale;
– dal tipo dell’impastatrice. Per esempio, con un’ impastatrice “a spirale” l’impasto si forma prima rispetto a un’ impastatrice a braccia tuffanti, perché il tipo “spirale” da più attrito all’impasto. L’impastatrice “a forcella” è quella che dà uno sforzo minore e tra tutti i tipi risulta la più lenta. Durante l’impasto avviene il riscaldamento, dovuto al tipo dell’impastatrice, e ad altri fattori, che varia da 3°C a 18°C .
2. I processi colloidali.
Mescolando la farina e l’acqua, inizia a formarsi il complesso colloidale molto idratato. Le proteine della farina sono capaci di assorbire e di collegare la quantità d’acqua 2-3 volte superiore rispetto al loro peso. Le proteine , che appartengono ai gruppi delle prolamine e delle gluteline ( insolubili in acqua e in soluzioni saline ), assorbendo l’acqua, si gonfiano, si allungano e si legano tra di loro con dei legami covalenti, disolfurici ecc., formando il glutine. Oltre nell’impasto si creano i legami dipolari, all’idrogeno ( con l’acqua ), ionici ( causati dai sali minerali, che in parte sono contenuti nella farina stessa ( fosfati, solfati, cloruri ecc.. ) ed in parte aggiunti, come cloruro di sodio ( sale da cucina ). L’aggiunta del sale in percentuali moderate ( intorno al 2 % ) migliore la resistenza ed elasticità della pasta, la capacità di trattenere il gas ed in definitiva il volume del pane, mentre un’elevata quantità di cloruro di sodio causa la formazione di un numero eccessivo di legami ionici che rendono l’impasto troppo consistente e rigido. L’amido, la cui quantità nell’impasto è cospicua, assorbe l’acqua e forma i legami elettrostatici con il glutine, creando una maglia omogenea. Anche i lipidi dell’impasto ( soprattutto quelli polari, come mono- e di gliceridi ) hanno la capacità di legarsi con le proteine, formando i complessi lipo-proteici, migliorando così l’estensibilità e la capacità di ritenzione dei gas da parte dell’impasto.
La maglia glutinica così formata assorbe l’acqua, i liquidi e i gas presenti nell’impasto, non soltanto sulla superficie, ma anche in profondità, che provoca il rigonfiamento della maglia glutinica stessa. L’impasto si può immaginare come un sistema complesso che comprende tre fasi: solida, liquida, gassosa.
La fase solida
La fase solida dell’impasto è rappresentata dalle proteine insolubili ( uniti tra di loro nella maglia glutinica), dai granuli dell’amido e dai residui della crusca. I granuli dell’amido non hanno la stessa capacità d’assorbimento dei liquidi come il glutine ( loro assorbono soltanto il 30-35% d’acqua dalla loro massa), e quindi non aumentano tanto il loro volume. Però considerando che nella farina c’è molto amido, la quantità d’acqua assorbita sarà più o meno uguale a quella assorbita dalle proteine. La capacità d’assorbimento dell’acqua da parte dei granuli d’amido aumenta con il loro danneggiamento durante la macinazione ( salvo che non siano eccessivamente danneggiati, altrimenti assorbiranno meno acqua). I residui della crusca sono quelli che assorbono la maggior quantità d’acqua ( fino a 800% dal loro peso).
La fase liquida
Oltre all’acqua, alla fase liquida appartengono tutte le altre sostanze che si trovano in soluzione: le proteine solubili in acqua e in soluzioni saline ( dei gruppi delle albumine e delle globuline), i sali minerali e gli zuccheri, sciolti rispettivamente nell’acqua, le destrine. Anche i pentosani ( i geli ) appartengono alla fase liquida dell’impasto. La fase liquida può trovarsi intorno alle superfici delle fasi solide ed anche esserne assorbita all’interno.
La fase gassosa
È composta dall’aria incamerata dall’impasto durante l’impastamento e dall’anidride carbonica prodotta durante la fermentazione.
Un frammento dell’impasto può essere rappresentato in questo modo:
3. I processi biochimici.
Sono i processi della trasformazione dei lipidi, dei carboidrati, delle proteine e degli altri componenti chimici della farina e dell’impasto con l’aiuto degli enzimi contenuti nella farina e nel lievito. Le reazioni che avvengono nell’impasto sono numerose e complesse. Durante l’impastamento si creano i diversi legami ( covalenti, dipolari, ionici, idrogeno, elettrostatici ecc.) tra le proteine formanti il glutine e gli altri componenti ( le proteine solubili, i sali minerali, l’amido, i lipidi ecc.), costruendo una materia uniforme e omogenea chiamata “impasto”.
Inoltre, con l’aiuto degli enzimi della farina, attivati con l’acqua, nell’impasto cominciano le reazioni dell’idrolisi delle proteine e dell’amido. Sotto l’azione delle proteasi, le proteine della farina cominciano disgregarsi in peptidi ( la reazione della proteolisi ), aiutando l’impasto a diventare più molle e più plastificabile. Questo processo avviene in ogni impasto, però può essere più o meno attivo, dipende da vari fattori ( attività enzimatica della farina, le proprietà del glutine, temperatura dell’impasto ecc.). Inoltre nell’impasto avviene l’idrolisi dell’amido sotto l’azione delle amilasi, che inizia dall’impastamento, ma si sviluppa più che altro durante la fermentazione, apportando gli alimenti ( gli zuccheri ) per le cellule di lievito, e per questo motivo ha una notevole importanza. Anche questo processo ( la saccariferazione dell’amido ) svolge l’azione liquefacente nell’impasto. Inoltre avvengono le reazioni della trasformazione degli zuccheri e dei lipidi. Il comportamento di questi ultimi ha un duplice effetto: per se stessi aumentano l’estensibilità della maglia glutinica e rendono l’impasto più malleabile, se vengono trasformati con l’aiuto degli enzimi ( lipasi e lipossiasi ) nelle sostanze perossidi ( questo processo avviene parzialmente e ha un intensità minore ) provocano l’effetto contrario, perché queste ultime rendono la maglia glutinica più forte e più rigida.
4. I processi microbiologici.
I processi microbiologici ( che riguardano la microflora dell’impasto) sono: la moltiplicazione delle cellule di lievito e dei batteri lattici ed anche la fermentazione alcolica e lattica di seguito. Durante l’impastamento avviene un’attiva moltiplicazione di questi microrganismi, i quali cominciano a fermentare durante la prima fermentazione ( detta anche “puntata” ) dell’impasto. Lo scopo della fermentazione è quello di ottenere un impasto che abbia le proprietà ottimali per la sua formatura, e di seguito la lievitazione e cottura. Durante la fermentazione continuano i processi colloidali e biochimici: i granuli dell’amido e gli altri componenti della fase solida dell’impasto continuano ad assorbire i gas ed i liquidi; inoltre, la fase gassosa aumenta per la formazione di CO2 prodotta dai lieviti, e quindi fa aumentare il volume dell’impasto e la sua sofficità. Durante la fermentazione cambiano le proprietà del glutine: le molecole delle proteine del glutine continuano a gonfiarsi, assorbendo l’anidride carbonica prodotta dai lieviti, si distendono e si legano tra di loro, rendendo l’impasto più spugnoso, inoltre avviene la reazione della proteolisi, che rende l’impasto più plasmabile. I processi principali che avvengono durante la fermentazione dell’impasto sono la fermentazione alcolica e lattica.
Autolisi. Il procedimento e gli aspetti chimici
L’autolisi è una tecnica particolare che consente di sfruttare l’autoevoluzione delle caratteristiche del glutine. Questo sistema si pratica in tre fasi: miscelazione iniziale della farina con dell’acqua; riposo dell’impasto autolitico così ottenuto; ed in fine l’impasto finale. Nella prima fase nell’impastatrice vengono dosati gli ingredienti di base ( farina e acqua ( 55%) ), i quali vengono delicatamente impastati ( ad esempio con l’impastatrice a spirale 5-8 minuti, soltanto in prima velocità ). L’impasto così ottenuto, subisce successivamente il riposo ( seconda fase ), che può durare da 20 minuti a 24 ore. Se il tempo di riposo è superiore alle 5-6 ore, si consiglia di aggiungere alla miscela una parte del sale e non superare il 45-50 % di acqua, la successiva conservazione dovrà essere effettuata alla temperatura di + 18-20°C. Mentre per il periodo di riposo abbastanza breve l’impasto viene lasciato all’ambiente, eventualmente nella vasca stessa dell’impastatrice. Infine segue la terza fase ( l’impasto finale ), in cui vengono aggiunti gli ingredienti mancanti nella ricetta ( lievito, malto, eventualmente acqua, sale ) o gli altri ingredienti in base alla ricetta. Il tutto viene impastato soltanto in seconda velocità per il tempo necessario. L’impasto autolitico può essere utilizzato totalmente o parzialmente ( con la dose minima del 20% ).
La tecnica di autolisi consente di ottenere il prodotto finale, contrassegnato da tre particolarità: un sapore caratteristico, un ottimo sviluppo e una più lunga shelf-life. Inoltre si riducono i tempi d’impasto, la consistenza dell’impasto diventa particolarmente liscia e malleabile, si ha una formatura più agevole ed il prodotto finito ha un volume superiore, una migliore alveolatura e una maggiore sofficità della mollica.
Questi peculiarità nel prodotto sono il risultato dei processi fisici, chimici e colloidali che prendono campo durante il riposo della pasta. In questa fase il glutine subisce delle modifiche ( lisi ) ad opera degli enzimi ( in particolare amilasi e proteasi ), attivati dall’acqua dell’impasto. Sotto l’azione degli enzimi amilasi, come è già stato trattato, l’amido viene trasformato in zuccheri, fornendo più zuccheri disponibili nell’impasto, agevolando così la fermentazione di seguito e apportando al prodotto finale le migliori caratteristiche organolettiche ( come il gusto ed il profumo più intensi ). Gli enzimi proteasi sono protagonisti della reazione della proteolisi, la reazione, che avviene in qualsiasi impasto e prende sviluppo soprattutto durante il periodo di riposo della pasta. Con tale reazione la maglia glutinica della pasta viene frantumata in pezzi più piccoli, le catene proteiche così ottenute si allungano, la pasta acquista una maggiore estensibilità, diventa più malleabile. La reazione delle proteolisi può essere più o meno attiva in base ai diversi fattori ( la struttura delle proteine ( in particolare le proprietà del glutine ), l’attività enzimatica della farina, la presenza nell’impasto di alcune sostanze, temperatura dell’impasto ecc.. ). Approfondiamo questo argomento:
La struttura delle proteine
Le proteine sono composte dagli aminoacidi e possono essere disfatte in frammenti più corti ( chiamati i peptidi ) sotto l’azione degli enzimi proteasi.
La proteolisi è la reazione al disfacimento delle proteine. Tale reazione disintegra la struttura globulare della proteina. La proteolisi avviene in ogni impasto, però può essere più o meno attiva, può coinvolgere più o meno proteine. Quanto più attiva sarà la reazione della proteolisi, tanto più molle diventerà l’impasto. La proteolisi, distruggendo le proteine, coinvolte nella maglia glutinica, abbassa le sue capacità d’assorbimento d’acqua e di trattenimento d’anidride carbonica. Quindi il progredire di questa reazione diminuisce la forza dell’impasto e aumenta la sua estensibilità. L’attività della reazione della proteolisi dipende dall’attaccabilità delle proteine dagli enzimi. I fattori che determinano l’attaccabilità delle proteine sono seguenti:
- La presenza dei determinati gruppi ( tiolici o disolfurici)
La struttura delle proteine è abbastanza complessa, oltre ai legami peptidici sono presenti anche gli altri legami, tra cui, ad esempio, quelli, che coinvolgono i due atomi di zolfo, cosiddetti i ponti disolfurici ( –S=S– ). Quindi, nelle proteine è possibile evidenziare dei gruppi tiolici ( -SH-) o disolfurici ( -S=S- ).
Una farina, cui proteine possiedono maggiormente dei gruppi disolfurici ( -S=S- ), ha l’attaccabilità minore. Tale farina avrà un glutine più forte e più robusto ( rinforzato dai ponti disolfurici ).
Invece, la presenza dei gruppi tiolici ( -SH–), facilmente attaccabili dalle proteasi, causa la formazione di una maglia glutinica più rara e debole.
- La denaturazione
Con la denaturazione aumenta l’attaccabilità delle proteine. La denaturazione si ha quando le proteine, reagendo al calore, perdono la struttura compatta ( globulare ) e si trasformano in una posizione intermedia tra la struttura globulare e fibrillare. Con questo processo si disfano i legami disolfurici delle proteine, per cui dopo loro risultano facilmente attaccabili dalle proteasi. La denaturazione delle proteine al calore avviene negli impasti preparati con la tecnica a caldo.
- la qualità del frumento, da cui è stata prodotta la farina
Riguarda le caratteristiche genetiche del grano ( che determinano il contenuto proteico e la composizione chimica delle proteine ) e le caratteristiche climatiche della sua maturazione ( normalmente nei climi più caldi e più asciutti i grani raggiungono i più alti valori proteici ).
Una particolare importanza ha la composizione chimica del glutine stesso.
Le proteine della farina, insolubili in acqua e in soluzioni saline, hanno la capacità di formare durante l’impasto una struttura elastica, compatta e spugnosa, chiamata il glutine. La forza della farina dipende maggiormente dalle proprietà del glutine.
Più alto è il contenuto del glutine, più forte risulta la farina. Il glutine è quello, che sostiene l’impasto, svolge praticamente la funzione dei muri portanti in un’abitazione. Però , la quantità del glutine non determina tutto, sono importanti anche le sue caratteristiche. Le due farine possono avere la stessa quantità del glutine, però, una può risultare più forte e l’altra più debole.
Il glutine è composto dalle prolamine ( maggiormente rappresentate dalla proteina gliadina ) e dallegluteline ( dove è presente soprattutto la proteina glutenina ).
La gliadina a contatto con l’acqua forma una massa collosa e fluida, invece la glutenina assorbendo l’acqua, forma una massa compatta, elastica e resistente.
Il glutine umido possiede le caratteristiche meccaniche di tutte due proteine ( sia della gliadina che della glutenina ). Ovviamente, una farina per essere più forte deve avere in maggioranza le glutenine. Se invece una farina possiede un alta quantità del glutine, ma questo è composto soprattutto dalla gliadina, tale farina non può essere molto forte, perché il suo glutine risulta molle e poco spugnoso.
- Il tempo della conservazione della farina
In una farina riposata l’attaccabilità delle proteine diminuisce, però, in una farina scaduta, risulta eccessivamente alta.
Gli enzimi proteasi
Le proteasi sono gli enzimi, contenuti nel frumento, capaci di disfare le proteine. Le proteasi disfano la struttura globulare delle proteine, senza arrivare agli aminoacidi, in quanto non hanno la capacità di distruggere tutti i legami peptidici.
Anche le proteasi si possono trovare in forma passiva e in forma attiva, a seconda dei gruppi, contenuti nella loro struttura ( tiolici o disolfurici ):
Pr-S=S-Pr Proteasi in forma passiva
Pr—SH– Proteasi in forma attiva
Gli attivatori e gli inibitori della proteolisi
Gli attivatori della proteolisi sono quelle sostanze, che trasformano le proteasi dalla forma passiva in forma attiva e favoriscono con questo la reazione della proteolisi. Sono le sostanze, che indeboliscono la farina.
Per esempio, ne fanno parte la glutationa e la cisteina, le sostanze di natura proteica, contenuti nel germe di grano e nel lievito.
Gli inibitori della proteolisi, invece, sono quelle sostanze, che trasformano le proteasi dalla forma attiva in forma passiva. Sono le sostanze, che rinforzano la farina. Come esempi degli inibitori della proteolisi possiamo elencare i perossidi, l’ossigeno, la vitamina C ed anche gli ossidanti tipo iodato di potassio (KJO3) e bromato di potassio (KBrO3).
Inoltre nell’impasto autolitico avviene una reazione opposta a proteolisi, ossia il rinforzamento della maglia glutinica dovuto all’azione dell’ossigeno d’aria, inglobato dalla pasta durante l’impastamento. Sotto l’azione dell’ossigeno i gruppi della maglia glutinica (SH-) si trasformano in ponti disolfurici (-S=S-), il glutine si rinforza, diventa più elastico e potrà assorbire le quantità superiori d’acqua. Tale reazione prende sviluppo soprattutto durante impasto ( nella prima fase di autolisi e nell’ultima fase ( quella dell’impastmo finale)), in minor modo avviene anche durante il riposo della pasta. Durante il riposo della pasta la maglia glutinica viene trasformata, grazie soprattutto a queste due reazioni ( quella della proteolisi e quella della ossidazione ), le catene proteiche si allungano, si gonfiano, assorbendo l’aria e l’acqua, completano la loro idratazione, così l’impasto durante la sua lavorazione finale raggiunge il top della sua consistenza in periodo più breve, con le quantità maggiori d’acqua.
Tutto sommato l’autolisi è una tecnica, che dona all’impasto una particolare estensibilità, ma nello stesso tempo ne migliora l’elasticità e il grado d’assorbimento d’acqua, si riducono anche i tempi d’impastamento ed impasto risulta particolarmente liscio. Tale tecnica può essere particolarmente utile per la panificazione con il lievito naturale, oppure quando vengono utilizzate le farine, particolarmente resistenti.
Il maestro Piergiorgio Giorilli
via Tecnica di autolisi spiegata dal maestro Piergiorgio Giorilli | Dolcesalato.